Tra i vari libri arrivati alla biblioteca di Auser Treia, non so da parte di chi (mistero), e non catalogati, uno aveva catturato l'attenzione di Paolo, che è sempre alla ricerca spasmodica di pagine da divorare, consumare durante le lunghe serate da solo o in mia compagnia (e allora siamo in due a leggere, ma io, dopo massimo un paio d'ore sento il bisogno di riposare gli occhi e dormire, mentre lui, soprattutto se il libro è interessante, andrebbe avanti fino alle 24 ed oltre).
Un libro della casa editrice Astrolabio, che pubblica sempre libri interessanti, sono una garanzia (o quasi), con un titolo originale e intrigante: "La mia voce ti accompagnerà - I racconti didattici di Milton H. Erikson", a cura di Sidney Rosen. Dopo averlo letto, Paolo me l'ha "dato" mentre preparavo la valigia per tornare a Spilamberto, dicendomi: "prendi questo libro, leggilo" e poi qualcosa tipo "ti sarà utile".
Io gli ho fatto fare un paio di viaggi avanti e indietro tra Treia e Spilamberto, finchè è giunto il momento di "affrontarlo". Non sono nè un tipo "psicologico", nè tantomeno "filosofico", anche se sono una che rimugina ed elucubra (?), tanto che a volte sono dovuta ricorrere ai fiori di Bach (mi pare sia White Chesnut quello per i rimuginatori). Ma leggere un libro di uno psicologo o uno psichiatra non mi attrae subito (anche se ho appena acquistato un libro di Erica Poli, altra psichiatra, sulla guarigione in 7 "mosse").
La mia amica psicologa Adriana, a cui avevo raccontato di questa lettura, mi aveva risposto: "grande figura di psicologo della storia della psicologia".
Così ho iniziato con una buona disposizione d'animo. A leggere c'è sempre da imparare qualcosa, se non si leggono delle sciocchezze, e questo libro pareva una garanzia. Mi sono subito "innamorata" dell'approccio di Erickson alle più diverse problematiche, sia in ambito familiare, con i suoi numerosi figli, che in ambito professionale, con gli studenti e con i pazienti.
I suoi racconti sono esperienze di situazioni le più disparate, ognuna affrontata in un modo suo proprio. Ognuno è visto e "approcciato" in maniera diversa e specifica e mai, dico mai, questo medico sembrava avvilirsi anche nei confronti dei casi che apparivano più disperati. Per ognuno c'era una chance di superamento della singola problematica, che però non veniva calata dall'alto.
La persona, sia che fosse un bimbo di due anni (sua figlia, ad esempio), che un adulto incancrenito nella sua difficoltà veniva accompagnato in un percorso che provocava uno stravolgimento proprio del percorso normalmente seguito dal "paziente", tanto che egli o lei stessi potevano rendersi conto dell'inutilità di proseguire su quella via e scoprivano una nuova modalità di rispondere alle diverse situazioni.
Il tutto, per lo più, con il sorriso e senza alcuna imposizione. Spesso se il problema della persona era un'abitudine pericolosa per la salute (il bere ad esempio) il dottore portava quella persona all'estremo per farlo rendere conto della inutilità dell'atteggiamento, lasciandolo comunque libero di scegliere.
Un episodio descritto nel libro che mi ha lasciato a bocca aperta è quello di quando uno dei suoi figli, Robert, di sette anni, "cercò di usare la stessa strada di un camion e lui perse". Il ragazzo ebbe fratture ai due femori, al bacino, al cranio e commozione cerebrale. I medici dissero che, se superava le 48 ore, aveva possibilità di sopravvivere. Il ragazzo superò le 48 ore e restò quattro mesi in ospedale. Lui andava a vederlo attraverso un vetro senza mostrarsi, la moglie invece andava sgattaiolando, ma il ragazzo o le voltava la schiena o le diceva di andarsene. Erickson aveva ritenuto che il ragazzo avesse bisogno di tutte le sue forze per riprendersi, senza che i genitori e i fratelli lo andassero a disturbare. Il ragazzo, una volta a casa, disse che era felice di avere dei genitori come loro e che aveva odiato i genitori di altri ragazzi che ogni pomeriggio li andavano a trovare facendoli piangere.
Che visione differente, veramente altruistica! A volte noi stiamo al capezzale di persone malate, solo per trattenerle ancora un po' di più qui con noi!
Insomma ho trovato che questo libro, con i suoi racconti, spassosi e paradossali, dia una speranza a tutti noi che ci dibattiamo nelle difficoltà della vita, difficoltà che spesso ci creiamo con le nostre stesse mani (e corpo e mente). Dobbiamo semplicemente imparare che le situazioni si possono vedere da tanti punti di vista e che c'è sempre una soluzione a tutto.
Si chiama evoluzione.
Caterina Regazzi