giovedì 29 novembre 2018

Alla scoperta di Treia, giorno dopo giorno…



Voglio  contribuire a rendere visibile la realtà di Treia, per come io
l’ho conosciuta e vissuta.  Passeggio ogni giorno sotto le sue mura
gagliarde, per le sue stradine medioevali, vago in piazze, vialetti,
piazzette e vicoli, talvolta mi sembra di stare a Venezia, se non
fosse che non incontro mai il mare quando mi affaccio dai dirupi,  sul
vuoto attorno che mi circonda.. vedo solo campagna, una distesa di
verde variegato che segue i colori delle stagioni e che talvolta
diventa giallo, rosso, marrone, bianco… E a distanza, colline e
montagne. Alcuni mi dicono che là, dove s’erge il Monte Conero, il
mare c’è,  e che nelle giornate terse di primavera si può scorgere
l’Adriatico ed i suoi riflessi azzurrini.. ma  la mia vista non mi
consente di scoprirne la realtà…
La gente incontrata per strada mi saluta, ho imparato a conoscerne i
visi, senza conoscerne i nomi. Eppure di Treia conosco il nome e la
forma ed anche un poco la sua storia.. Ho cercato di alleviare la
carenza  leggendo qualcosa… cominciando dalle targhe affisse ai
muri, ascoltando le voci di chi mi ha raccontato storie e storie del
passato e del presente ed osservando…
Treia,  dove solidarietà, antichità, efficienza, pulizia ed eleganza
si uniscono… in miniatura.
Treia è costruita su una lunga collina, in mezzo c’è una grande
piazza, congiunta nei due lati da una specie di corso, una Via Monte
Napoleone in miniatura. Sì perché questo borgo, non so perché, forse
per la sensazione di efficienza e ordine, pulizia delle vie,
giardinetti pensili ben curati,  mi ricorda anche Milano. La strada
che unisce i due estremi della cittadina è costeggiata di botteghe
luminose che da una parte all’altra fanno pendent…
Da un estremo, verso la porta Vallesacco, domina la maestosa
Cattedrale  e dall’altro estremo -dove esisteva un vecchio castello
longobardo- ci sono due conventi di suore, con belle chiese affiancate
e persino un albero di senape ben vivo (questa pianta é nominata da
Gesù in una sua famosa parabola), in una di queste chiese, quella di
Santa Chiara, viene conservata una statua lignea della Madonna Nera
(si dice che codesta e quella di Loreto fossero due statue gemelle ma
l’attuale di Loreto é una copia rifatta dopo l’incendio che distrusse
la paredra originaria).
Andando da una parte all’altra di Treia si nota la presenza di tante
attività parallele, un orefice gioielliere da una parte e uno
dall’altra. Un paio di baretti di qua ed un paio di là, una
fruttivendola per ogni opposto, due pizzerie, qualche negozio di moda
paesana, due tabaccai, etc. Insomma é un paese che fa da specchio a se
stesso….
Ma tutta questa minuzia e precisione sembra quasi sprecata… già perché
-come scrisse Dolores Prato- “nella piazza non c’é nessuno..”. Radi
sono i passanti e radi gli avventori, anche se -lo dico
egoisticamente- fa piacere in fondo entrare in un baretto e vedersi
servire subito senza attese né dover chiedere, perché le ragazze
“ricordano”, avendo a disposizione tavoli e divani, giornali
quotidiani e pure la radio accesa (magari quella se la
potrebbero pure risparmiare… però…).
Secondo la nostra cultura ogni luogo ha valore  per il senso di
presenza che vi si manifesta… senza la presenza, o senza la
descrizione,  il luogo in se stesso è irrilevante. Questo non
significa che quel luogo è inesistente ma il modo in cui noi possiamo
conoscerlo è solo attraverso la nostra presenza… Una presenza che si
manifesta nel tempo e che ha reso il luogo quello che oggi noi lo
conosciamo.
Paolo D’Arpini


Tratto da "Treia: storie di vita bioregionale" di Paolo D'Arpini
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