sabato 1 marzo 2025

Treia. "Come è cambiata e come cambia l'agricoltura treiese?"

 "Seduto in silenzio, senza far nulla, la primavera arriva e l’erba cresce da sola". (Basho - maestro zen)


Treia, 1 marzo 2025 - Tavola rotonda   organizzata dall'Accademia Georgica e dal Comune di Treia su: "Come è cambiata e come cambia l'agricoltura treiese - Cosa ci dicono i dati del 7° censimento?" all'aula multimediale di Treia. 

Sono intervenuti diversi agricoltori del territorio di Treia, di diverse contrade (Vallonica, Moie, Bibiano, San Lorenzo, Schito di Chiesanuova, altro...), raccontando la loro esperienza e quello che loro hanno vissuto (alcuni hanno una certa età) e che stanno vivendo, proprio a seguito della loro scelta di vita, "sopportando" le trasformazioni che, hanno sì portato a dei miglioramenti nel tempo, ma anche scarse prospettive per il futuro, soprattutto se non si escogitano strategie e se non si ha una discendenza disposta a seguire l'attività, impedendo in questo caso anche solo la progettazione di quelle modifiche procedurali, impiantistiche, ma soprattutto di "missione" necessarie ad andare avanti, bene. Si sa che, con il "progresso", la meccanizzazione e l'industrializzazione, in tutti i settori ci sono stati cambiamenti nel lavoro, ma anche nelle modalità di usufruire delle produzioni (esplosione di supermercati e della grande distribuzione), e non solo in agricoltura.

Ho 65 anni, sono originaria di Treia e da sempre frequento questo paese, anche per lunghi periodi e, da sempre, ho amato il suo paesaggio. Per buona parte dell'anno vivo invece in Emilia-Romagna, a Spilamberto, provincia di Modena, terra di industrie e agricoltura intensiva. La Pianura Padana fornisce tanta parte di quel cibo che più o meno tutti consumiamo.

Ho ascoltato con vivo interesse le storie narrate dagli agricoltori di Treia intervenuti alla Tavola Rotonda; la Natura (con la N maiuscola) e l'agricoltura mi hanno sempre appassionata, tanto che, quando dovevo scegliere la facoltà universitaria, sono stata abbastanza indecisa tra Medicina, Medicina Veterinaria e Agraria. Alla fine ho scelto la via di mezzo: Medicina comportava troppe responsabilità, Agraria era un po' di moda a quei tempi (fine anni '70) e mi chiedevo a cosa sarebbero serviti tutti questi agronomi. Tra la cura degli esseri umani e quella della terra, alla fine ho scelto la cura degli animali (che amavo molto), anche se, alla fine, di animali ne ho curati ben pochi...

Ho ascoltato quindi il racconto di storie di famiglie che, 100 anni fa, vivevano in una situazione di condivisione del lavoro: tutti, nella famiglia, genitori, figli e altri congiunti vivevano nella stessa casa, dedicandosi alla lavorazione della terra, prima per il sostentamento familiare e il di più veniva venduto o scambiato per procurare il mancante o coprire  le piccole, altre spese necessarie. Chi, vendendo un toro, prima si comprava una mezza auto o i vestiti per la famiglia, anni dopo... solo una scarpa o due, insomma  poco o niente. 

La meccanizzazione, certo, sarà stata una facilitazione, nel lavoro, meno fatica e più rendimento, ma certo, le famiglie contadine che possedevano, magari, 10 ettari di terreno ed una piccola stalla dai 4 ai 12 capi, un porcile per un paio di suini da ingrassare e macellare per Natale e un pollaio per le uova ed una gallina ogni tanto la domenica, di certo non poteva permettersi l'acquisto della mietitrebbia, o di altri mezzi di lavorazione della terra. 

Contemporaneamente aumentavano le fabbriche, che davano comunque uno stipendio più sicuro (fino a un certo punto). Le famiglie contadine hanno cominciato a svuotarsi, qualcuno è andato in fabbrica, i terreni sono in parte stati venduti o affittati o dati da lavorare a terzisti. Le stalle, piano piano, sono state chiuse, venendo a mancare l'approvvigionamento per l'agricoltura, di letame, ottima fonte di sostanza organica. Faccio notare che la mancanza di sostanza organica nel terreno è causa oltre che di scarsa fertilità e quindi della necessità di utilizzare concimi chimici, di una maggior facilità del terreno al dilavamento.

Insomma, non voglio raccontare quel che è stato raccontato molto meglio di me dai partecipanti all'incontro. Ma le statistiche presentate dai relatori sono significative. Il numero delle aziende è diminuito, la superficie per azienda è aumentata. La maggior parte dei terreni sono in affitto o affidati a terzisti. Un valore che mi ha colpito, ma che basta osservare la campagna treiese per rendersene conto, è che il terreno coltivato è più del 90% a seminativo, che comporta minor impegno di lavoro (basta avere le macchine) e questo valore è cambiato poco nel tempo. A questo valore è collegato anche il discorso della PAC, che contribuisce enormemente al reddito delle aziende agricole (contributi comunitari) ma anche quello dello scarso reddito per questi terreni, soprattutto se non sono coltivati a prodotti di pregio (grani antichi, biologico) e se non c'è un collegamento col resto della filiera (mulini, panifici, pastifici).

Non ultimo c'è il discorso della tutela del territorio: alcuni turisti (cinesi, mi pare), portati a visitare la nostra campagna, chiedevano al Sindaco Capponi: ma voi, quanti giardinieri avete per tenere tutto così bene? E vero senz'altro che il paesaggio marchigiano, ed in particolare quello maceratese, è molto bello e curato, come ho già scritto. E' stato sottolineata da più persone che la gestione da parte della famiglia contadina come quella di una volta o comunque di una famiglia che comunque risiede sul territorio, porta ad una maggior cura dei campi, alla pulizia dei fossi, ecc. e questo è un bene per combattere il rischio idrogeologico. 

D'altra parte il taglio indiscriminato di tanti alberi o a scopo speculativo per ricavare la legna, o per facilitare la lavorazione del terreno con le macchine, o per la costruzione o l'allargamento di strade e rotonde, invece, secondo me, va a discapito della tutela del paesaggio, sia dal punto di vista estetico, ma soprattutto ecologico. Le radici delle piante trattengono il terreno diminuendo il rischio di frane, le fronde rinfrescano l'aria e producono ossigeno. E questi discorsi sono stati fatti da un agronomo presente e che aveva visto altri tempi.

Sono state poi prospettati alcuni suggerimenti per poter considerare l'agricoltura ancora un settore in cui potersi "imbarcare", soprattutto da parte di giovani volenterosi: diversificazione, collegamenti di filiera, valorizzazione di prodotti locali, integrazione con altre attività collegate (agriturismo), trasformazione, vendita in loco.

Voglio terminare questo mio scritto con una domanda che è una provocazione: certo, le colline del maceratese sono molto belle, così come siamo abituati a vederle, ma credo che (così come anche la Pianura Padana) tempo fa, fossero ricoperte da alberi... qualche lembo di terra rimboschito, magari con essenze autoctone, renderebbero forse il paesaggio più brutto? La Terra, l'ambiente ringrazierebbero e noi (la nostra salute) se ne potrebbe giovare.

Caterina Regazzi