venerdì 27 gennaio 2023

L'antica tradizione "carnevalizia" rivive a Passo di Treia...




Il primo annuncio del grande ritorno del Carnevale Passotreiese giunse durante la Fierucola delle eccellenze bioregionali dell'8 dicembre scorso, dallo stand allestito da Francesco Compagnoni, anima storica dell'iniziativa carnivalizia. 

Ed ora già sappiamo che lo start avverrà il 18 febbraio 2023, con un veglione  culinario-musicale, previsto a Villa Berta della vicina San Severino.  A questo inizio seguirà la kermesse principale che si terrà a Passo Treia, in piazza e nelle strade della principale frazione di Treia,  il 21 febbraio 2023. 


Anche  io parteciperò in qualche forma, magari in forma sottile, come già avvenne negli anni passati.  Infatti sono favorevole al mantenimento delle antiche tradizioni popolari ed il Carnevale è una di queste. Infatti questa  festa  risale al tempo   dei  Saturnali (gennaio) e  Lupercali (febbraio),  che continuarono poi in forma di "carnevale". 

Nei  Saturnalia i romani celebravano l'anniversario della costruzione del tempio dedicato al dio Saturno, e si riversavano nelle strade cantando ed osannando il padre degli Dei. Durante quei festeggiamenti veniva praticato il capovolgimento dei rapporti gerarchici e delle norme costituite della società, sicché i plebei potevano confondersi con i nobili e viceversa grazie ad un travestimento.  Durante i  Lupercalia, Servio ci informa,   si svolgevano le cerimonie dei februanti, con le quali  si celebrava il dio, Lupercus, ed  i luperci erano giovani coribanti che  flagellando se stessi e le donne, con strisce  di pelle lupesca, i “febri”, auspicavano la loro fertilità. 

Paolo D'Arpini




Qui potete vedere l'articolo e le foto delle maschere della precedente edizione del 2020, pubblicato da La Rucola diretta da Fernando Pallocchini:   https://www.larucola.org/2020/02/26/reportage-fotografico-del-55-carnevale-di-passo-di-treia/

sabato 21 gennaio 2023

Treia. Corso di scultura in pietra...



Da dove viene la pietra? Dal profondo della terra - la memoria (ancestrale) della terra.

Cos’è la pietra? Un accumulo variegato di sostanze chimiche? Proprio come noi!

E, come noi, è anche un ESSERE, che viene da lontano per raccontarci la sua storia.

Cosa vogliamo noi dalla pietra?

È possibile entrare in dialogo con essa per scoprirla?

E che cos’è la scultura?

Un accumulo di forme? Una copia/ replica di immagini già esistenti?

O possiamo sperare nel dialogo tra la pietra, noi e forse una terza forza che si chiama creazione per andare oltre?

Con questo corso vorrei dare inizio ad un percorso  manuale per insegnare ad usare gli utensili per scolpire e per trovare un approccio personale al meraviglioso  materiale che è la PIETRA.

Perciò oltre alla lavorazione di un piccolo blocco di pietra ci saranno alcuni esercizi che ci aiuteranno a sentire la “forza scultorea” dentro e intorno a noi.

Impareremo ad utilizzare le attrezzature manuali e meccaniche, a riconoscere e valutare un blocco di pietra e le diverse possibilità per iniziare un lavoro tridimensionale e come svilupparlo.

Petra Lange 



Informazioni sull'insegnante:  scolpisco la pietra da oltre 30 anni (laurea all’accademia nel 1990 e master in pietra nel 1992) e credo nella necessità dell’arte contemporanea come creazione, con il passato dentro ma con lo sguardo verso il futuro.

Dove: Le lezioni si svolgeranno all’aperto, davanti al mio studio a Treia (MC)

Corsi: da marzo a ottobre. Min. 4, max. 8 persone.

Si propongono blocchi di 5 incontri a 3 ore di lezione l’uno 

Informazioni sulle modalità di  svolgimento dei corsi:   
Petra Lange: 3291693369, pelange23@web.de www.petralange.com



venerdì 20 gennaio 2023

Treia, 14 febbraio 2023 - Stand Up for One Billion Rising



Il 14 febbraio  di ogni anno, si svolge in tutto il mondo  l'evento ”One Billion Rising”, l’azione  contro la violenza sulle donne promossa dalla poetessa, drammaturga e attivista per i diritti umani, Eve Ensler.

In Italia sono già diverse le  Associazioni  che stanno organizzando eventi e flash mob in vista del "One Billion Rising" del 14 febbraio. Un impegno comune di ascolto, lotta, resistenza e solidarietà intese come modo di vivere. 

Un evento  che  vuole sensibilizzare la popolazione sulla necessità di un rapporto rispettoso  tra i generi, soprattutto in  favore delle donne che sono spesso vittime di violenze,  sia in casa che in ogni altro luogo.  Il messaggio di One Billion Rising è quello dell’importanza della libertà della donna e della solidarietà come linfa vitale per una rivoluzione pacifica.

Nelle Marche già da alcuni anni il Circolo Auser Treia, in collaborazione con il Circolo Vegetariano VV.TT.  ed  altri soggetti, organizza: "Stand Up for One Billion Rising", un flash mob aperto ad ogni persona sensibile ed educata. 

L'appuntamento è per il 14 febbraio 2023,  in piazza della Repubblica, nel centro storico di Treia, alle ore 17, indossando un indumento rosso, per distribuire volantini contro la violenza di genere. 

Al termine dello Stand-Up, nella sede di Auser Treia, in via Lanzi 18/20, dalle ore 17.30, si terranno discorsi a favore delle donne e verranno presentati i programmi  di promozione sociale previsti per l'anno in corso. 

Tutte le persone sensibili delle Marche sono invitate a partecipare. 

Paolo D'Arpini - Circolo Vegetariano VV.TT. 



Per informazioni e contatti a livello locale:  auser.treia@gmail,com,  circolovegetariano@gmail.com - Tel. 0733/216293

Per informazioni e contatti a livello nazionale: 3475320420 – nico@onebillionrising.orgnicolettabilli@gmail.com

lunedì 16 gennaio 2023

Treia. Salviamo i porcellini di Sant'Antonio

 



Sant'Antonio, protettore degli animali, ha dato il nome a certi animaletti curiosi che hanno l'abitudine di arrotolarsi se vengono toccati, attenzione non sono insetti nocivi quindi non uccideteli se li incontrate sulla vostra strada.

Quando nel 2010 giunsi a  Treia trovai che la città era abitata da numerosi porcellini di Sant’Antonio (anche detti “di terra”).  Pensai che fosse un buon segno, voleva dire che l’ambiente era per loro ancora favorevole.

Ricordo che anche  quando arrivai a Calcata, a metà degli anni ’70 del secolo scorso, la casa in cui andai ad abitare era piena di questi animaletti di origine marina, “onischi” il nome scientifico, ce n’erano a migliaia. Non sapevo come fare per eliminarli, la mattina scopavo per terra raccogliendone a palate che poi gettavo dalla rupe, ma questi non accennavano a diminuire. Infine feci una ricerca e scoprii che questi animaletti non sono  insetti, ma appartengono alla famiglia dei gasteropodi, e sono stati fra i primi organismi a popolare la terra, anzi con il loro lento rosicchiare  hanno contribuito a rendere la terra come noi oggi la conosciamo, un terreno fertile, pulito e ricco di humus.

Da quel momento smisi di preoccuparmi della loro presenza… anzi al contrario iniziai a preoccuparmi per la loro scomparsa… Infatti a mano a mano che il luogo subisce un processo di degrado ambientale (e non solo morale), i porcellini di Sant’Antonio lasciano il campo agli scarafaggi, questi sì della categoria degli insetti,  e pure  sinonimo di sporcizia (anche se a Napoli si dice “ogni scarrafone è bello a mamma sua”,  e la UE intende inserirli nel nostro menù...).

Ma perché vi sto raccontando tutto questo? Il fatto è che qualche tempo fa Caterina è uscita per strada ed ha riportato in casa un recipiente che avevo utilizzato in passato per trapiantarvi una viola del pensiero, si trovava sul davanzale che dà sulla strada della camera di Nonna Annetta. Il fiore si era seccato, anche dovuto al fatto dei miei due mesi di assenza da Treia, e Caterina ha detto “piantiamoci qualche altra cosa..”, e siccome durante una passeggiata alla grotta di  Santa Sperandia  avevamo raccolto dei semi di “cappello del prete” vi abbiamo messo quelli e smuovendo la terra abbiamo scoperto un brulichio di porcellini di Sant’Antonio che avevano colonizzato il vaso... e che abbiamo rimesso al suo posto sul davanzale senza disturbarli oltre.


Caterina dice: “L’onisco è un animale che appartiene al Phylum degli Artropodi, classe dei Crostacei ed all’ordine degli Isopodi, gli onischi vivono in ambienti umidi e poco illuminati, nelle crepe dei muri e nel terreno, sotto il legno in decomposizione e sotto le pietre, è comunissimo osservarli in gruppi numerosi sollevando i vasi dei fiori. E’ facile trovarli anche dentro i vasi tra le radici delle piante, ma nonostante questo non recano danni alle piante in quanto si nutrono prevalentemente di detriti di origine vegetale. Uno dei miei animali preferiti, mi ricorda l’infanzia e, qui a Treia, malgrado le periodiche disinfestazioni pubbliche contro zanzare ed altri insetti, se ne vedono ancora alcuni, stanno scomparendo purtroppo e questo non è un bel segnale...!”

Sheheryar, un  ricercatore ecologista ha scritto: "Puoi trovarli sotto un mattone o un oggetto umido. Potresti esserti sentito disgustato e ti sei chiesto perché esistono in natura. Beh, lasciatemelo dire, l'onisco, meglio noto come porcellino di Sant'Antonio,  appartiene  a un sottogruppo di crostacei isopodi la cui funzione è quella di rimuovere dalla terra i metalli pesanti nocivi come mercurio, cadmio e piombo. Contribuiscono alla pulizia del suolo e delle falde per riaffermare la saggezza della natura. Non danneggiarli o spruzzare pesticidi su di loro!"

Paolo D’Arpini e Caterina Regazzi




venerdì 13 gennaio 2023

Treia, le scoperte in Biblioteca di Caterina Regazzi - "La mia voce ti accompagnerà - I racconti didattici di Milton H. Erikson", a cura di Sidney Rosen - Rcensione

 


Tra i vari libri arrivati alla biblioteca di Auser Treia, non so da parte di chi (mistero), e non catalogati, uno aveva catturato l'attenzione di Paolo, che è sempre alla ricerca spasmodica di pagine da divorare, consumare durante le lunghe serate da solo o in mia compagnia (e allora siamo in due a leggere, ma io, dopo massimo un paio d'ore sento il bisogno di riposare gli occhi e dormire, mentre lui, soprattutto se il libro è interessante, andrebbe avanti fino alle 24 ed oltre). 

Un libro della casa editrice Astrolabio, che pubblica sempre libri interessanti, sono una garanzia (o quasi), con un titolo originale e intrigante: "La mia voce ti accompagnerà - I racconti didattici di Milton H. Erikson", a cura di Sidney Rosen. Dopo averlo letto, Paolo me l'ha "dato" mentre preparavo la valigia per tornare a Spilamberto, dicendomi: "prendi questo libro, leggilo" e poi qualcosa tipo "ti sarà utile".

Io gli ho fatto fare un paio di viaggi avanti e indietro tra Treia e Spilamberto, finchè è giunto il momento di "affrontarlo". Non sono nè un tipo "psicologico", nè tantomeno "filosofico", anche se sono una che rimugina ed elucubra (?), tanto che a volte sono dovuta ricorrere ai fiori di Bach (mi pare sia White Chesnut quello per i rimuginatori). Ma leggere un libro di uno psicologo o uno psichiatra non mi attrae subito (anche se ho appena acquistato un libro di Erica Poli, altra psichiatra, sulla guarigione in 7 "mosse").

La mia amica psicologa Adriana, a cui avevo raccontato di questa lettura, mi aveva risposto: "grande figura di psicologo della storia della psicologia".

Così ho iniziato con una buona disposizione d'animo. A leggere c'è sempre da imparare qualcosa, se non si leggono delle sciocchezze, e questo libro pareva una garanzia. Mi sono subito "innamorata" dell'approccio di Erickson alle più diverse problematiche, sia in ambito familiare, con i suoi numerosi figli, che in ambito professionale, con gli studenti e con i pazienti. 

I  suoi racconti sono esperienze di situazioni le più disparate, ognuna affrontata in un modo suo proprio. Ognuno è visto e "approcciato" in maniera diversa e specifica e mai, dico mai, questo medico sembrava avvilirsi anche nei confronti dei casi che apparivano più disperati. Per ognuno c'era una chance di superamento della singola problematica, che però non veniva calata dall'alto. 

La persona, sia che fosse un bimbo di due anni (sua figlia, ad esempio), che un adulto incancrenito nella sua difficoltà veniva accompagnato in un percorso che provocava uno stravolgimento proprio del percorso normalmente seguito dal "paziente", tanto che egli o lei stessi potevano rendersi conto dell'inutilità di proseguire su quella via e scoprivano una nuova modalità di rispondere alle diverse situazioni. 

Il tutto, per lo più, con il sorriso e senza alcuna imposizione. Spesso se il problema della persona era un'abitudine pericolosa per la salute (il bere ad esempio) il dottore portava quella persona all'estremo per farlo rendere conto della inutilità dell'atteggiamento, lasciandolo comunque libero di scegliere. 

Un episodio descritto nel libro che mi ha lasciato a bocca aperta è quello di quando uno dei suoi figli, Robert, di sette anni, "cercò di usare la stessa strada di un camion e lui perse". Il ragazzo ebbe fratture ai due femori, al bacino, al cranio e commozione cerebrale. I medici dissero che, se superava le 48 ore, aveva possibilità di sopravvivere. Il ragazzo superò le 48 ore e restò quattro mesi in ospedale. Lui andava a vederlo attraverso un vetro senza mostrarsi, la moglie invece andava sgattaiolando, ma il ragazzo o le voltava la schiena o le diceva di andarsene. Erickson aveva ritenuto che il ragazzo avesse bisogno di tutte le sue forze per riprendersi, senza che i genitori e i fratelli lo andassero a disturbare. Il ragazzo, una volta a casa, disse che era felice di avere dei genitori come loro e che aveva odiato i genitori di altri ragazzi che ogni pomeriggio li andavano a trovare facendoli piangere. 

Che visione differente, veramente altruistica! A volte noi stiamo al capezzale di persone malate, solo per trattenerle ancora un po' di più qui con noi! 

Insomma ho trovato che questo libro, con i suoi racconti, spassosi e paradossali, dia una speranza a tutti noi che ci dibattiamo nelle difficoltà della vita, difficoltà che spesso ci creiamo con le nostre stesse mani (e corpo e mente). Dobbiamo semplicemente imparare che le situazioni si possono vedere da tanti punti di vista e che c'è sempre una soluzione a tutto.

Si chiama evoluzione.

Caterina Regazzi



mercoledì 4 gennaio 2023

"Vita senza tempo"... - Dal Treja a Treia



Nel libro "Vita senza tempo" Caterina ed io  raccontiamo del primo tempo del nostro incontro fino al momento in cui giunsi dal Treja a Treia...

La mia prima visita a Treia, accompagnato da Caterina che era venuta appositamente a prendermi dall'Emilia, avvenne  ai primi di  gennaio del 2010.  Quel viaggio fu una sorta d'iniziazione ma  ancora non sapevo che da lì a poco la mia vita sarebbe cambiata. Avevo appena trascorso la notte di  capodanno, viandante  sperduto nella Valle del Treja,  poi mi sono ritrovato nella mia nuova casa. Oggi percepisco una specie di sdoppiamento in quella che definisco "casa", tra l'andata ed il ritorno.  Sono confuso nel descrivere un viaggio di cui non si sa quale sia l’inizio e quale la fine. Inizia nello stesso modo in cui finisce: dal Treja a Treia. Cambia solo una lettera, il suono è lo stesso ed anche la sensazione  di presenza costante dell’io.

Un viaggio che è un sogno?   Certamente, come tutto il resto della vita.

Da diversi anni non mi spostavo da Calcata se non nel raggio di pochi chilometri.  Quella volta ne ho percorsi trecento all’andata e trecento al ritorno, senza però cambiare di molto la sensazione di essere sempre e comunque nel luogo in cui  sono, che mi appartiene ed al quale io appartengo.

“Un viaggio così si compie anche in un metro quadro!” Disse Marinella Correggia nella sua presentazione della mia persona  in "Incontri con i santi", quando ancora ero a Calcata.

Ed eccomi qui, nel mio metro quadro, giusto lo spazio per allungare  le braccia e spingere una gamba dietro l’altra, senza mai uscire fuori da quel “centro del mondo” in cui mi trovo.

Un viaggio virtuale? No è un viaggio della coscienza nella coscienza…

Attraversare gli Appennini con il sole e ritornare per la stessa strada con la neve ha stabilito il senso del passaggio del tempo. Passare da un ambiente ruvido, tetro, profondo come la morte, l’ambiente del Treja, per arrivare sul corpo dolce e sinuoso di una terra molto femminile e viva, quella di Treia… è come una rinascita.

La mia anima ha ritrovato la giovinezza di Otello, che nella casa di Treia  viveva in un mezzanino scolpendo lapidi mortuarie e ricevendo cibo amoroso dalla padrona di casa, la nonna di Caterina.  In quella stessa stanza che oggi è la nostra calda alcova, piena di specchi, colori, calori…  il nostro "buen retiro"  in cui rivedo un me stesso tornato  dall’esilio.

Ma dov’è il luogo dell’esilio – Treja o Treia?!

Il fuoco scoppiettante di un camino è lo stesso, l’aria è la stessa, il gustoso cibo è lo stesso, l’abbraccio di chi mi ama, le carezze, le parole gentili, la penombra, il vento, l’acqua che bagna, il sole che brilla…

Insomma sono partito, sono arrivato, sono tornato… non lo so, non posso dirlo, ho provato a raccontarlo, a trasmettere delle immagini… ma forse tutto è rimasto così… solo nella mia mente.

La mente universale racconta in silenzio!

Paolo D’Arpini




Articolo collegato - "Treia. La casa della memoria" di Caterina Regazzi:  
https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2011/05/caterina-regazzi-treia-e-la-casa-della.html