giovedì 29 dicembre 2022

“La vita adè comme ‘na jornata” - In memoria di Giandomenico Lisi

 

Foto La Rucola

Giandomenico Lisi, di Petriolo,  autore di  “La vita adè comme ‘na jornata, co la mattina, lu pomeriggiu e la serata…”, ci ha lasciati nel 2020 all'età di 76 anni, quest'anno ne avrebbe avuti 78, come me, però lui è andato avanti...

Per noi di quell’età matura (ed oltre) essere  ancora presenti  sulla scena della vita, in fase di anzianità attiva,  è un motivo di riflessione su quello che possiamo fare da “grandi” per continuare a mantenere dignità e gioia.

Ricordo che il 27 novembre 2015, assieme alle mie coetanee Valeria e Giuseppina, sono stato al Teatro di Treia per assistere all'ultima opera di Lisi in dialetto marchigiano. La commedia era portatrice di una morale agrodolce… com’è la vita stessa. La scenografia mostrava un possibile ospizio per anziani dove la vita scorre tra ricordi e fantasie. Non mancano scenette ridicole e scenette strappalacrime. Gli attori molto numerosi davano un senso di realtà alla storia, sul palco si sono succeduti bambini, giovani e vecchietti, così il quadro della vita umana evocato dal titolo “La vita adè comme ‘na jornata” era completo…


Foto Picchio News

Due parole sulla compagnia: “La commedia di Giandomenico Lisi è stato l’ultimo lavoro portato in scena dal Gruppo Teatrale Giovanni Ginobili. Dal 1981 il Gruppo è impegnato non solo a divertire ma, anche a trasmettere quei valori schietti e preziosi come la fedeltà alle tradizioni della propria gente, la tutela della propria identità ed una visione della vita a misura d’uomo che oggi purtroppo nel mondo della globalizzazione stanno rischiando di scomparire…”.


Paolo D’Arpini









lunedì 26 dicembre 2022

La comunità ideale è dove non sorge il concetto di "idealità"...



Quella comunità ideale che noi  cerchiamo e perseguiamo attraverso l'attuazione del bioregionalismo, dell'ecologia profonda e della spiritualità laica, non è diversa  da quella descritta  dai saggi  della Cina antica,  quale risultato del bilanciamento delle energie Yin e Yang (negativo e positivo). Ma allo stesso tempo tale comunità non può essere il risultato di una concettualizzazione, ovvero il frutto di una teoria. L'idea  stessa di idealità è già una forma di astrazione mentre l'armonia è un fatto naturale, non il risultato di un calcolo.    

"Quando si pratica il grande Tao (la Via armonica) lo spirito del bene comune pervade il mondo. Uomini di talento e virtù sono chiamati a posti di responsabilità. Si tiene in considerazione la sincerità e si coltiva la fratellanza.  Perciò gli uomini non amano soltanto i loro genitori, né trattano come figli soltanto i loro figli. Ci si prende cura dei vecchi sino alla morte. C'è lavoro per i sani e mezzi di sostentamento per i giovani. Si mostra bontà e compassione verso le vedove e gli orfani e verso quelli che non hanno figli che provvedano loro e verso quanti sono invalidi per malattie. Gli uomini hanno lavori adatti e  le donne le loro case. Ognuno ha in odio lo spreco dei beni e tuttavia non li accumula a suo esclusivo uso, detesta il pensiero di non impiegare tutte le proprie energie e tuttavia non le utilizza esclusivamente al proprio vantaggio. I progetti egoistici vengono ignorati e se ne impedisce l'attuazione. Briganti, ladri e traditori sono scomparsi così che la porta d'ingresso di ogni casa rimane aperta senza timori di mali di ogni genere. Questa è l'epoca della Grande Comunità!"  (Li Chi,  Libro IV - cap. 9 -  Confucio)

Se questa società ideale -descritta da Li Chi- è esistita centinaia o forse migliaia di anni  fa, prima ancora che venisse indicata come "bioregionale",   maggiormente ci si potrebbe aspettare che si affermasse oggi,  in un'epoca che chiamiamo civile e moderna. Un'epoca in cui l'uomo è confortato nel suo cammino da molte verità scientifiche e da molte nuove considerazioni morali, sociali ed ecologiche. Come mai non succede?

La risposta è nel frontespizio...

Paolo D'Arpini










venerdì 23 dicembre 2022

Un capodanno di altri tempi a Treia

 


La ragazza a sinistra nella foto è la mia mamma Gina all'età di 18 anni o poco più. Sarà stata ad una festa di capodanno (o forse di carnevale) nella grande e bella sala del Comune di Treia, feste che lei amava tanto, perchè amava ballare. Quella sala purtroppo, almeno per ora, non si può visitare; il Comune (la sede storica) è inagibile dal terremoto del 2016.

Questa foto è su una credenza della cucina della casa di Treia, da quando il ragazzo di destra, poi diventato uomo, nell'autunno del 2008, poco dopo la morte di mio padre, Fausto, la portò in dono a mia madre, durante una visita di "condoglianze". Eravamo venute a Treia per l'ultimo saluto a mio padre, celebrato da Don Vittorio nel Duomo, alle sue ceneri, che riposano nel locale cimitero. Gina l'ha poi raggiunto esattamente 5 mesi dopo. Tante persone, e alcune di queste io neanche le conoscevo, vennero a casa a fare le condoglianze a mia madre, e tra queste, l'uomo della foto.

Foto che vedo ogni giorno che trascorro in questa casa, a pranzo e a cena. Ultimamente mi sono chiesta chi fosse ed oggi, guardando finalmente il retro della foto, ho letto Luigi Fiori, ma questo nome non mi diceva niente. È venuto in mio soccorso (!) il giornale Cronache Maceratesi, per ricordarmi che era stato il comandante della Polizia Municipale. Ora neanche lui è più di questo mondo, chissà che non si siano ritrovati da qualche parte nell'universo...

Caterina Regazzi



giovedì 15 dicembre 2022

Avventure di viaggio di un treiese che vuole andare a Pechino...

 


Le Marche sono piene di fascino, di "charme", in francese. Charme infatti è l'anagramma di Marche e ne esprime l'essenza... Le Marche sono state la culla di antiche civiltà come quella dei Piceni. I Marchigiani sono pieni di arguzia bertoldesca. Un esempio?

Nelle Marche c'è un paese che si chiama Treia, nel medioevo chiamato Monticolo, e nel suo territorio c'è una  frazioncina chiamata "Moje di Treia". Un treiese vuole andare a Pechino, per certi affari, e si rivolge ad una agenzia di viaggi nel centro storico, e chiede all'operatore: "Me fai un bijettu pe' Pechino?" - L'altro lo guarda  e fa: "Pechino?, ma se non saggio manco do' sta sto Pechino, io te faccio nu bijettu pe' Macerata, ppò lì domanni..." -  Giunto con l'autobus alla stazione di Macerata il viaggiatore chiede al bigliettaio "Me fai un bijettu pe' Pechino?" -  E l'altro risponde: "O fraà, ma che stai a dì, lo vijetto pe' Pechino? Te lo faccio per Ancona" - Ad Ancona di nuovo: "Me fai un bijettu pe' Pechino." - "Oh, cuzz'è te che vu' fa', bijettu pe' Pechino? Guarda che qua semo in Ancona, mica che te possu fa' el bijettu pe' Pechino: te fo' el bijettu pe' Bulogna." - A Bologna: "Me fai un bijettu pe' Pechino." -  "Oh còsgia vuoi te, biglietto per Pechino? E mica te lo poscio fare! Ti fo' un biglietto per Milano, poi a Milano prendi l'aereo, lo trovi scicuramente." - A Milano: "Me fai un bijettu pe' Pechino" - "Eh la Madona! bijetto per Pechino! Cos'è che vai a fare a Pechino, testa: va beh, va, ecco qua... Bijetto per Pechino a 'sto pirla" - L'uomo finalmente arriva a Pechino. Dopo sei giorni deve tornare a casa. Va alla stazione di Pechino e chiede al piccolo bigliettaio: "Ma fai un bijettu pe' Treia?"- L'altro lo guarda e fa: "Treia o Moje di Treia?"

(Liberamente rielaborato da "La vena umoristica" di Ennio Monachesi")




domenica 11 dicembre 2022

Il Passo di Treia dalle origini ad oggi - Cenni di storia e protostoria

 

E così ci sono riuscita, tra delicati impegni familiari, a esserci, alla Fierucola delle eccellenze bioregionali dell'8 dicembre 2022, a presentare il libro "Il Passo di Treia", tra i mille altri prodotti che il territorio ha offerto in esibizione, anche solo per conoscenza.

Ringrazio Maurizio Angeletti che ha realizzato questo progetto. Al solito ognuno legge nei libri ciò che vuole e mi ha stupito sentirlo parlare dei due testi che lui ha trascritto parola per parola, sottolineando principalmente la pagina iniziale che Arcangeli Caracini dedica al lago dell'epoca Miocenica che si estendeva dove ora c'è Passo di Treia e prendere lo spunto per elencare e spiegare tutte le ere geologiche! Certo è più portato per le scienze che per la storia! Ma, se voglio far polemica per spostare su Facebook la piazza di divulgazione, l'assist mi è stato offerto da chi mi ha fatto notare che uno dei miei due "maestri" riconosciuti, lo studioso Medardo Arduino era presente, tra la piccola folla che quasi traboccava nella saletta della presentazione, ma si è alzato e se ne è andato appena ho nominato l'altro dei miei due "maestri" e cioè la studiosa Simoneta Torresi, alla quale devo un po' tutta la visione storica e la prospettiva di Passo di Treia che nel 1300 ospitava i pellegrini del Giubileo, tra cui ... Dante Alighieri.

Del resto, nei due autori storici: don Otello Patrassi, e Arcangelo Caracini, che si rifanno al Foglietti, ho cercato proprio, nella presentazione, di trovare elementi pro o contro la mia tesi storica. Avrei voluto esporre con cura quattro punti, ma li ho solo elencati:

1) i nomi di Passo di Treia. Don Otello Patrassi dice che si chiamava Treia o Traia. Non solo quindi nomi e città che si spostano, dal fondovalle alla cima dei colli, ma una variante che egli accenna e non spiega, e secondo me (anzi, secondo la Torresi) va letta con cura: un nome , Treia o Trea o simile, era quello dato dai Piceni, Mentre Traia era il nome della colonia romana, nome dato dagli (odiati) conquistatori, dove i Piceni poterono, riabitare le loro stesse terre, solo dopo trent'anni di servizio militare nell'esercito romano. E questo solo nel 1 secolo, dopo la tremenda guerra tra i due popoli,, la Guerra Sociale. Prima invece le città Picene erano libere, più evolute di Roma, anzi, madri di Roma, in ogni aspetto dello stato e dell'economia (ad esempio energia dei Mulini, costruzione dei Ponti, cariche dei Pontefici, tessitura, coltivazione del grano, ecc.). I Piceni ritornano vincitori dalle Guerre Giudaiche, ma sempre col cuore amaro e perciò si riportarono gli Apostoli, la nuova religione, e anziché condurre in carcere San Pietro lo fecero predicare in ogni tempio romano (i Mitreya) che trovavano lungo la strada Settempedana (circa da Ancona o Sirolo, fino all'Appennino e poi giù a Roma). Quindi anche a Passo di Treja, nel Mitreium presso il Ponte Romano. E dove stava? E quale chiesa è stata lì costruita?

2) Il ritorno dei Franchi. i due autori parlano di "venuta" dei Franchi, e non lo trovo contrastante. Qui ci fu il fulcro dell'impero di Carlo Magno.

3) C'è stato o no un aumento di civiltà nell'anno del Giubileo, 1300? L'autore conferma: ben 22 nuovi mulini furono costruiti subito prima del 1300. LA Borgata di Passo di Treia, afferma poi Arcangelo Caracini, nacque nel 1300. (Ma già ha detto che è esistita dall'inizio dei secoli, appena il lago si è aperto la via tra Monte Cucco e Monte Francolo, lasciando fertilissime colmate di terra e solchi d'acqua da entrambi i lati). Nel 1300 quindi Passo di Treia ebbe un rinascimento. E tanto mi basta.

4) Il mistero della chiesa n. 4 nella mappa interna al libro. Ma anziché parlare di essa, che so per certo essere stata una delle sette chiese del Giubileo del 1300, e che forse in origine era un semplice Mytreium lungo la via d'acqua del Vallato (antico acquedotto romano), mi sono dedicata ai versi di Dante che descrivolo il "Ponte dei Romani", che potrebbe essere il Ponte della Svizzera, a Passo di Treia. Esso da un lato conduceva a San Pietro (lato treiese), dall'altro al Monte e ad Castello (lato monte Francolo e quindi del Re di Francia). In mezzo a spartire le due direzioni c'erano diavoli cornuti con una sferza in mano che frustavano ogni pellegrino alle terga, così quello si spicciava subito e nessuno prendeva il secondo o il terzo colpo. Ora: Svizzera vuol dire Sguizza, sia nel significato di fiume che fa la serpentina, sia nel significato di sferza, frusta. Il Ponte della SFERZA, sotto il velame de li versi strani, può essere benissimo il Ponte della SGUIZZERA. C'era quel ponte? Arcangelo Caracini ci dice che il Comune di Treia, (lato pontefice, l'ho definito) aveva obbligato il Marchese della Marca (di cui si ignora il nome, e che sarebbe il lato Re di Francia) a restaurare il Ponte nel 1282, esattamente quanto vennero ordinati altri 12 mulini, che credo abbiano richiesto alcuni anni per essere allestiti. E fu Giubileo, cristiani, papi e Franchi. Ma subito il gran conflitto. solo quattro anni dopo il conflitto faceva ardere i roghi. Dante fu condannato a morte nel 1300 stesso. ma anche dall'altra parte soffrirono: Il papa Bonifacio fu ucciso con due schiaffi dai cavalieri mandati dal re di Francia e da allora, le due rive del Ponte a Passo di Treia si scontrarono ferocemente: Francesco Sforza. i Visconti, il Papa. la Serenissima Venezia, i Da Varano, forse anche Francesco I e Carlo V. Tutti rivendicavano di essere gli eredi di Carlo Magno: o del successore Ludovico il Pio, o dei suoi molti fratelli Germani, cioè di Padre. Così Franchi e Germani e ogni nobiltà italica ed europea è passata a Passo di Treia a distruggere. Compresa la "pestifera Compagnia degli Inglesi", già nel 1366 che portò alla totale distruzione di case, ville e borghi. Addio Borgata del 1300!!! La storia di Passo di Treia è veramente grandiosa, tragica, e di essa tutto è stato distrutto, anche il nome! Perché essa è stata l'origine della storia di tutti i popoli che abitato in Europa. Questa luminosa intuizione sulla vallata del Potenza e del Chienti, che non ha avuto timore di nominare posti oggi così inceneriti, mi ha fatto appassionare a questa storia e questo lo devo agli studi di Simonetta Torresi, sennò non avrei neanche seguito altri studiosi, come Medardo Arduino, che molto hanno aggiunto, ovviamente a volte sovrapponendo, a volte contribuendo.
C'è così tanto da scoprire! Intanto l'idea di fare una serie di di incontri alla Torre di Passo di Treia stessa. E magari dare l'adiacente Ponte della Svizzera come tema! Qualcuno lo dica ai miei due "maestri", così portati alla sfida! Qualcuno gli lanci questo guanto!














































mercoledì 30 novembre 2022

Treia non è più "il paese dei campanelli"?

 




Ho  letto il calendario degli spettacoli previsti nel Teatro Comunale di Treia  per la nuova  stagione 2022-2023 (*), La prima piéce menzionata è uno spettacolo sul Caravaggio con Marco Sciame, che si svolge il 4 dicembre 2022, sappiamo che la sera dell'8 dicembre è previsto un concerto della Banda di Treia ma nel calendario non è menzionato (forse una dimenticanza del cartellonista?), noto poi che gli ultimi spettacoli annunciati  per il  2023 risultano essere fissati al marzo, il 12 con "La storia del  Guerin Meschino" ed il 17 con "Volevo nascere scema" di Barbara Foria. Immagino che  seguiranno altre commedie ed eventi e mi auguro che non venga trascurata  una  serata con l'Operetta di Maria Teresa Nania...




A questo proposito ricordo che la sera del 30 novembre 2019, quando  andò in scena il  nostro spettacolo "Caba-Zen" (**),  ci siamo incrociati, fuori dal Teatro di Treia, con l'automezzo della Compagnia Italiana di Operette che doveva scaricare il materiale di scena per la stagione di quell'anno, tra cui la prima, si tenne il 13  dicembre 2019:  "Il Paese dei Campanelli" (***) 

La mattina del 1 dicembre  del 2019 io e Caterina  incontrammo  al baretto di Corradino  Maria Teresa Nania, la signora dell'Operetta (https://wsimag.com/it/spettacoli/53976-la-signora-delloperetta),  con cui  avevo già precedentemente scambiato qualche parola, incrociandola dietro le quinte del Caba-Zen, la quale  ci raccontò di essere la "capa" di questa compagnia molto antica. Lei fu molto cordiale, come si fa tra "artisti", dicendoci con rammarico che, per questioni di tempo, non aveva potuto assistere al nostro spettacolo. Ci sollecitò ad assistere al loro di spettacolo, ma avendo saputo che per noi non sarebbe stato possibile (per la nostra partenza prevista il 9 dicembre, subito dopo la Fierucola) ci  invitò ad assistere alle prove, che si sarebbero tenute, ad esempio, mercoledì 4 dicembre pomeriggio.

E così, incuriositi, il pomeriggio della data indicata, verso le 16, ci siamo recati in teatro. Fervevano i preparativi e dopo una mezz'oretta di attesa si sono spente le luci e si è aperto il sipario. 


Musica, voci squillanti e gravi, luci, colori avevano invaso la scena, creando un'atmosfera di sogno. Al termine del primo tempo, alla chiusura del sipario, io e Caterina ce ne stavamo andando e, per fortuna, incontrammo due persone dello staff, che ignoro chi fossero,  ed  uno  di loro (sarà stato il regista?)  ci disse che in questo mondo triste e scialbo, l'operetta è un momento di bellezza ed allegria. 

Proprio così, mi piacerebbe che per la stagione teatrale estiva  del 2023 il Teatro di Treia  inserisse una bella Operetta, magari la "Vedova allegra", che ci starebbe bene con i tempi che corrono... 

Paolo D'Arpini

    Teatro di Treia -  Con Caterina alle prove dell'operetta


(***) Recensione: "La Compagnia Italiana di Operette,  si è esibita al Teatro di Treia il giorno 13 dicembre 2019, data in cui verrà portato in scena lo spassosissimo “Il Paese dei Campanelli” di Carlo Lombardo. Ambientato su un’immaginaria isola olandese, “Il Paese dei Campanelli” è un luogo in cui ogni casa ha un piccolo campanello, che suona se una moglie tradisce il marito, svelando a tutti l’accaduto. La tranquillità del paese viene spezzata dall’attracco di una nave militare inglese; tra incroci di coppie ed equivoci, i campanelli iniziano a suonare!..." (Vivere Macerata)


(*) - Calendario teatrale: Tutto il cartellone della stagione teatrale treiese: si comincia con uno spettacolo gratuito | Associazione culturale La Rucola

(**) Caba-Zen - https://treiacomunitaideale.blogspot.com/2019/11/treia-caba-zen-30-novembre-2019.html?m=0

venerdì 25 novembre 2022

La Fierucola delle eccellenze bioregionali ritorna al Centro Storico di Treia

 


Fierucola: Edizione del 2019


Quello dell'8 dicembre è ormai diventato un appuntamento importante per la promozione della capacità produttiva locale. La Fierucola delle Eccellenze Bioregionali di Treia, è una manifestazione  che nel  2022 si ripresenta al pubblico, rinforzata e determinata,  dopo due anni di interruzione (per cause indipendenti dalla nostra volontà).   

La Fierucola  è una sorta di esposizione campionaria dell'inventiva treiese e del territorio bioregionale circostante. Un appuntamento importante per la promozione dell'economia ecologica  sostenibile.

La Fierucola è una manifestazione nata  nel 2015 per iniziativa del Comitato Treia Comunità Ideale e che quest'anno viene organizzata dall'APS "Auser Treia", in collaborazione con diverse associazioni locali e con il patrocinio morale del Comune di Treia. 

La prima edizione si tenne   al Mercato Coperto del centro storico di Treia e torna  quest’anno nella stessa ubicazione dalla quale è partita, allargandosi anche ai locali dell'Ex Trea, nelle adiacenze di Piazza della Repubblica.  

In queste  due collocazioni, e zone limitrofe,   troverete molti esempi di  produzione bioregionale, a partire da quelli agricoli e trasformati, sino alle produzioni artigianali di vario genere, lavorazione del legno, del cuoio, della stoffa, della ceramica, del ferro, di manufatti artistici ed anche libri, quadri, foto storiche, ecc…

Lo scopo della Fierucola è quello di rinsaldare i rapporti sociali, promuovendo il lavoro creativo  ed incentivando il senso della collaborazione e solidarietà comunitaria. Non mancheranno momenti ludici, con accompagnamento di musiche tradizionali popolari, performances poetiche, ed  incontri di carattere culturale ed altro ancora…

La Fierucola sarà aperta al pubblico dalle ore 10 sino alle 19. 

Info: Tel. 0733/216293 - Cell. 333.6023090.  



Il programma generale e la lista degli espositori  qui:  https://auser-treia.blogspot.com/2022/11/fierucola-delle-eccellenze-bioregionali.html




domenica 13 novembre 2022

Marche. Rischi idrogeologici non adeguatamente considerati...

 


Gli amministratori dei comuni, delle provincie e della Regione Marche, di ogni colore politico, che hanno avuto responsabilità in materia urbanistica e sulla gestione del rischio idrogeologico, non vengono nemmeno menzionati in seguito ai disastri ambientali! (Forse perché sono gli stessi che si prodigano per continuare a finanziare le stazioni sciistiche o le trivelle a mare?) Un’altra falsità è sostenere che basta togliere alberi e ghiaia dai fiumi per risolvere il problema. Gli ambientalisti non sono mai stati contrari ad opere di mitigazione del rischio idraulico quando non trasformano i fiumi in canali, e nemmeno alla rimozione di tronchi in alveo o sotto le arcate dei ponti.

Per ridurre, e non annullare (perché ormai abbiamo superato il punto di non ritorno), gli effetti degli eventi eccezionali causati dal cambiamento climatico serve ben altro: servono estese “aree di laminazione”bisogna fermare la cementificazione del territorio e lo sfruttamento indiscriminato di cave di ghiaia, occorre piantare alberi e siepi e non tagliare centinaia di ettari di bosco con la pratica della ceduazione, serve un’agricoltura che non lasci scoperte larghe superfici di suolo e che non lo impoverisca dell’humus necessario a mantenerlo assorbente e stabile. Quanto alle piste da sci, le immagini che abbiamo del versante del Monte Acuto del Catria interessato dai lavori di ampliamento e di esbosco dimostrano chiaramente la forte erosione subita dalle stesse, con la creazione di profondi fossati, accumuli di ghiaia e dilavamento della superficie.

Non si può escludere che il ristorante il Mandrale sia stato sepolto proprio dalla massa acqua, ghiaia e fango che è scesa dalle piste Belvedere, Travarco, Le Gorghe e Cotaline. L’eradicazione di circa 9 ettari di faggeta e l’assenza di inerbimento delle superfici scoperte, uniti alla forte acclività, hanno sicuramente amplificato il fenomeno meteorico.
Relativamente al lago artificiale che dovrebbe essere realizzato a 1450 m. slm. vorremmo sapere come pensano di riempirlo, se in inverno l’acqua verrà utilizzata per la neve artificiale e d’estate le fonti si seccano (ricordiamoci delle autobotti di questa estate per abbeverare gli animali al pascolo!).

Anche il famoso lago di Pilato sui Sibillini, che è in una grande conca naturale a 1950 m. slm. dove di solito nevica parecchio, si è prosciugato ed è tutt’ora a secco. Gli ambientalisti non vogliono “riserve indiane” ma una montagna che conservi bellezza e attrattività anche negli anni a venire, per offrire svago, lavoro e benessere anche alle future generazioni, e che non sia violentata dalle speculazioni e dagli interessi economici di poche persone con la complicità di amministratori compiacenti.



giovedì 27 ottobre 2022

Halloween... e le zucche sprecate

 

Risultati immagini per Samhain, Ognissanti, Morti... per arrivare ad  Halloween


Debbo confidarvi che proprio nelle Marche ed esattamente nella Borgata Santa Felicita di Falerone (Ascoli Piceno), dove mi trovavo in vacanza, festeggiai per la prima volta della mia vita il  rito del momento magico dell’incontro fra le forze del mondo di sotto e quello di sopra.

La cosa avvenne circa 70 anni fa quando ancora ragazzino fui iniziato ai misteri della magia popolare. Alcuni contadini, quella sera  mi insegnarono a scavare una zucca, ad intagliare occhi naso e bocca, e a sistemarla in un crocicchio di campagna con una candela accesa dentro… “per esorcizzare gli spiriti maligni” dissero… 

Sembrava un gioco, una sceneggiata simile alla costruzione di uno spaventapasseri… (altra componente misterica del mio risiedere nel mondo contadino marchigiano) ma le radici di quel gioco erano molto antiche ed il significato ben diverso da quello che io allora riuscivo a percepire…

In fondo anche uno spaventapasseri è un “emblema” ed il suo scopo non è solo quello di tener lontani gli uccelletti… Uno spaventapasseri è l’elemento che sancisce l’uso, il possesso e la protezione  di un campo, un feticcio ricoperto degli abiti rattoppati e sporchi del lavoro sui campi,  la coscienza di quel lavoro è vera immagine e diviene anche “forma” magica. Non sono solo i passeri ad essere intimoriti da quella presenza scaramantica… ma anche la grandine, i ladri, gli animali selvatici (una delle consuetudini contadine  per rendere più credibile lo spaventapasseri è quella di pisciarci sopra… il miglior metodo marcatore di presenza nel territorio).

Ma torniamo alla zucca scolpita ed al mistero del 31 ottobre… Sapete bene che sino a pochi anni fa non esisteva più nessuna consuetudine in Italia per questa celebrazione del 31 ottobre… C’era solo un vago ricordo di un qualcosa che fu… un particolare momento magico dell’anno, quello a cavallo fra la vigilia di Ognissanti ed il giorno dei morti.

L’evento si rifaceva all’antica  tradizione pagana in cui è detto che in questo periodo “si apre una finestra fra la vita e la morte, fra la morte e la rinascita”. Il rito era conosciuto nell’antichità remota ed anche nel medio evo, ed infatti come spesso è successo con tante feste pagane, riconosciute poi nel cristianesimo, Ognissanti e la ricorrenza dei defunti cade proprio in questo periodo. 

Purtroppo la festa  di Halloween è andata sempre più  deteriorando  diventando pian piano un inno consumista e ridanciano con musicacce, plastica, birra e quant’altro… Pazienza…

Quest’anno quindi ho deciso  di non organizzare alcun incontro a Treia,  per  la vigilia d’Ognissanti...


Paolo D'Arpini



domenica 23 ottobre 2022

Treia: “La casa sulla roccia... e le campane al vento” - Breve racconto bioregionale



La peculiarità di questa casa di Treia, da Caterina ereditata dalla nonna Annetta e da me abitata, è che -pur stando su quattro piani di diverso livello- è sempre al piano terra... La cosa sembra strana ed in effetti fu proprio questa particolarità, descrittami da Caterina una notte mentre risiedevo ancora a Calcata, a farmela sognare e poi a spingermi a superare la mia inveterata pigrizia ed a desiderare di visitarla, di conoscerla, insomma di scoprire com'era...

Ricordo che uno dei miei sogni ricorrenti, sin dall'infanzia, era quello di immaginarmi su una torre, e da lì osservare il modo sottostante con un certo distacco. Certo è una visione simbolica.. Ad esempio ricordo la sensazione di appartenenza provata nel momento stesso in cui misi piede per la prima volta a Calcata, villaggetto costruito su un acrocoro... Ma a Calcata manca il senso dello spazio, della visione panoramica, poiché l'acrocoro è più basso di tutte le alture circostanti, mentre l'effetto che mi fece la casa di Treia, quando al fine la visitai, fu proprio quello di stare sul più alto pennone di una nave e da lì contemplare il mondo..

Monticulum era chiamata nell'alto medio evo la città di Treia, proprio perché si trova su una collina transfuga, isolata dalle montagne del circondario e adagiata su una dolce valle che si allontana sino al mare. Non è una collina conica è piuttosto allungata ed è per questo che l'abitato storico è alquanto esteso, e probabilmente si sviluppò nei suoi due estremi in periodi ed in condizioni diverse... comprendendo da un lato un'antica torre avamposto dei longobardi e dall'altro l'insediamento della popolazione originaria, sorto dopo la caduta dell'impero romano, in cui si erano rifugiati gli antichi treiesi stanchi delle razzie subite a partire dal 500 d.c.

Attorno al XIII secolo, in periodo francescano, Monticello fu conosciuto perché patria di un santo frate, il beato Pietro Marchionni, contemporaneo e seguace di Francesco, che vi fondò una piccola comunità monastica, che si trovava fuori le mura.. nei pressi di un'antica fonte, denominata appunto “francescana” e che si trova lungo un sentiero anch'esso detto “francescano” che conduceva chissà dove... forse a Loreto od a Cascia?

Visitai, durante una passeggiata erboristica con Sonia Baldoni, quella sorgente. Ma la struttura attorno è quasi crollata, restava solo una parvenza di muro ed una specie di pozza con dentro ranocchie e tritoni, mentre lì a fianco c'era un piccolissimo stagno completamente ricoperto dal verde delle lenticchie d'acqua.

Forse mi sono un po' disperso nelle mie rimembranze e sto correndo il rischio di dimenticare la ragione per cui ho iniziato a scrivere questa storia... Ah sì, si tratta di campane... Dicevo che la casa di Treia è su vari piani ed ha vari ingressi, questo perché essendo costruita seguendo il dislivello della collina, capita che ogni ingresso sia a piano terra.. a partire dal più alto che si trova in prossimità della Cattedrale sino al più basso nelle vicinanze della Porta Montana.

Dal piano principale, quello che si affaccia quasi sulla Cattedrale, ovviamente si ode lo scampanio regolare, a tutte le ore e a tutte le messe e orazioni, che scandisce lo svolgimento religioso della chiesa principale di Treia. Ma scendendo di un piano si ode un'altra campana di una chiesetta che sta quasi a ridosso delle mura, scendendo di un altro piano ancora si può ascoltare il tintinnio delle campane di una chiesa fuori porta, ed all'ultimo piano terra si ode lo scampanio di un monastero francescano che sta nei pressi del cimitero. Insomma ogni livello ha le sue campane.. E questa diversità non mi dispiace affatto, anzi la trovo simbolica di un percorso.. spirituale, ma anche vitale... Dalla Cattedrale dove ci si battezza e ci si sposa.. sino al monastero vicino al cimitero.. dove infine ci si riposa...

Beh, oggi pomeriggio mi è capitato di leggere un raccontino sulla saggezza laica, insita nell'astrarsi dalle cure del mondo, pur continuando a svolgere le proprie funzioni. In essa si parla della maestria di un artigiano costruttore di castelli per campane... Sapete vero che per suonare bene una campana ha bisogno di un apposito castello che deve corrispondere a precisi requisiti di distanza, equilibrio e solidità e vuoti fra le sue parti?

Un intagliatore chiamato Ching aveva appena finito di preparare un castello di sostegno per campane. Tutti quelli che lo vedevano si meravigliavano perché sembrava opera degli spiriti. Quando lo vide il Duca di Lu, domandò: “Che genio siete per riuscire a fare una cosa simile?” E l'intagliatore rispose: “Sire sono solo un semplice manovale, non un genio. C'è una cosa però: quando sto per fare un castello di sostegno, medito per tre giorni per acquisire la pace della mente. Dopo aver meditato per tre giorni non penso più a ricompense o guadagni. Dopo cinque giorni di riflessione, non mi importa più delle lodi o delle critiche, né della bravura né dell'inettitudine. Dopo sette giorni, così trascorsi, di colpo dimentico le mie membra, il corpo, anzi tutto me stesso.. Perdo coscienza della corte e di ciò che mi circonda. Resta solo la mia arte. In quello stato d'animo entro nella foresta ed esamino ogni albero finché trovo quello in cui vedo riflessa la mia incastellatura in tutta la sua perfezione. Allora le mie mani si mettono all'opera. Poiché io mi sono tirato da parte, nel lavoro che si compie per mezzo mio, la natura incontra la natura. Questo è senz'altro il motivo per cui tutti dicono che il prodotto che ne nasce è opera degli spiriti...

Grazie per aver letto sin qui...

Paolo D'arpini










Racconto tratto da "Storie di vita bioregionale".  Il libro è reperibile presso la Biblioteca di Auser Treia, in via Lanzi, 18/20 - auser.treia@gmail.com