Nel libro "Vita senza tempo" Caterina ed io raccontiamo del primo tempo del nostro incontro fino al momento in cui giunsi dal Treja a Treia...
La mia prima visita a Treia, accompagnato da Caterina che era venuta appositamente a prendermi dall'Emilia, avvenne ai primi di gennaio del 2010. Quel viaggio fu una sorta d'iniziazione ma ancora non sapevo che da lì a poco la mia vita sarebbe cambiata. Avevo appena trascorso la notte di capodanno, viandante sperduto nella Valle del Treja, poi mi sono ritrovato nella mia nuova casa. Oggi percepisco una specie di sdoppiamento in quella che definisco "casa", tra l'andata ed il ritorno. Sono confuso nel descrivere un viaggio di cui non si sa quale sia l’inizio e quale la fine. Inizia nello stesso modo in cui finisce: dal Treja a Treia. Cambia solo una lettera, il suono è lo stesso ed anche la sensazione di presenza costante dell’io.
Un viaggio che è un sogno? Certamente, come tutto il resto della vita.
Da diversi anni non mi spostavo da Calcata se non nel raggio di pochi chilometri. Quella volta ne ho percorsi trecento all’andata e trecento al ritorno, senza però cambiare di molto la sensazione di essere sempre e comunque nel luogo in cui sono, che mi appartiene ed al quale io appartengo.
“Un viaggio così si compie anche in un metro quadro!” Disse Marinella Correggia nella sua presentazione della mia persona in "Incontri con i santi", quando ancora ero a Calcata.
Ed eccomi qui, nel mio metro quadro, giusto lo spazio per allungare le braccia e spingere una gamba dietro l’altra, senza mai uscire fuori da quel “centro del mondo” in cui mi trovo.
Un viaggio virtuale? No è un viaggio della coscienza nella coscienza…
Attraversare gli Appennini con il sole e ritornare per la stessa strada con la neve ha stabilito il senso del passaggio del tempo. Passare da un ambiente ruvido, tetro, profondo come la morte, l’ambiente del Treja, per arrivare sul corpo dolce e sinuoso di una terra molto femminile e viva, quella di Treia… è come una rinascita.
La mia anima ha ritrovato la giovinezza di Otello, che nella casa di Treia viveva in un mezzanino scolpendo lapidi mortuarie e ricevendo cibo amoroso dalla padrona di casa, la nonna di Caterina. In quella stessa stanza che oggi è la nostra calda alcova, piena di specchi, colori, calori… il nostro "buen retiro" in cui rivedo un me stesso tornato dall’esilio.
Ma dov’è il luogo dell’esilio – Treja o Treia?!
Il fuoco scoppiettante di un camino è lo stesso, l’aria è la stessa, il gustoso cibo è lo stesso, l’abbraccio di chi mi ama, le carezze, le parole gentili, la penombra, il vento, l’acqua che bagna, il sole che brilla…
Insomma sono partito, sono arrivato, sono tornato… non lo so, non posso dirlo, ho provato a raccontarlo, a trasmettere delle immagini… ma forse tutto è rimasto così… solo nella mia mente.
La mente universale racconta in silenzio!
Paolo D’Arpini
Articolo collegato - "Treia. La casa della memoria" di Caterina Regazzi: https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2011/05/caterina-regazzi-treia-e-la-casa-della.html
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