mercoledì 7 marzo 2018

RSU. Soluzione finale - Da rifiuto a materia prima...


“Rifiuti: opzione zero!”. Negli ultimi trent’anni ed anche più ho costantemente combattuto per ottenere questo risultato… ho studiato le problematiche legate alla gestione dei rifiuti, con un’attenzione particolare ai pericoli derivanti dall’incenerimento ed alle alternative di non combustione più sicure e più sostenibili.
E qui ripeto che occorre far entrare nelle maglie della consuetudine culturale l’idea che “non esiste altro posto che questa Terra in cui possiamo vivere e di conseguenza è meglio mantenerla pulita e vivibile”. A volte esperimenti encomiabili son stati avviati, come ad esempio “l’avvio della raccolta differenziata”, ma sono iniziative senza risultati sostanziali. Tant’é che il reale riciclaggio o riuso è praticamente assente…
Eppure se non risolviamo il problema dei rifiuti a monte… nessun “termovalorizzatore” potrà salvarci, dico questo con tristezza… ma è la pura verità….
Se si facesse partire un sistema di recupero e riciclaggio al 100% dei RSU, considerandoli materie prime, ecco che l’economia troverebbe il volano di una ripresa immediata. Si creerebbero nuovi posti di lavoro, si risparmierebbe sulle materie prime, non sarebbe più necessario importare metalli qui da noi rari (come l’alluminio), etc. si risparmierebbe sulla costruzione di discariche ed inceneritori che sono in fondo solo bombe ad orologeria, etc….
Eppure il primo passo, necessariamente, per risolvere il problema dello smaltimento RSU, deve essere quello della diminuzione nella produzione dei rifiuti, ritornando al sistema di riuso dei vuoti e alla proibizione degli involucri e degli imballaggi in plastica (tra l’altro anche in considerazione del continuo aumento del costo del petrolio e della sua crescente penuria)…
Insomma, serve uno scatto di reni e di cervello e non l’accettazione dei termovalorizzatori che producono poca energia ad altissimo costo ed hanno il solo vantaggio di far sparire dalla vista i rifiuti, ma non le sostanze velenose che restano nell’aria o diventano polveri residue tossiche altamente inquinanti e che richiedono un trattamento ed una conservazione come quella delle scorie nucleari.
Nelle altre grandi città italiane, con la situazione delle discariche al pieno, c’è il rischio di dover risolvere il problema dei rifiuti urbani (in perenne emergenza) con il sistema “terminator” che porterà inevitabilmente alla creazione di una serie di nuove discariche ed inceneritori. Le residue aree verdi diverranno una pattumiera gigante o terra bruciata, si tratta solo di scegliere se si vuole l’inceneritore o la discarica oppure il termovalorizzatore per la produzione elettrica (che funziona a RDF, ovvero mattonelle ricavate dai rifiuti).
E se vogliamo che la vita continui nel territorio asfissiato dai fumi e dalle puzze non possiamo pensare di risolvere con questi metodi il problema dei RSU. L’incenerimento, già lo sappiamo, è fonte di inquinamento pesantissimo ed inoltre è diseducativo dal punto di vista della salvaguardia delle risorse.
Ed osserviamo quello che sta avvenendo nell’ecosistema.. ad esempio alle api, che a centinaia di miliardi, in tutti i continenti o sono trovate morte, o non ritornano più nelle arnie. All’inizio, qualche anno fa, sembrava una delle solite “fisiologiche” epidemie, dovuta a fattori ormai ben conosciuti, come la Varroa. Governi e istituzioni scientifiche hanno ignorato o sottovalutato le prime grida di allarme degli apicoltori. Poi si è percepito che si trattava di qualcosa di ben più grave, per la quantità delle api scomparse e per i killer che potevano essere chiamati in causa: pesticidi, riscaldamento globale, onde emanate dai telefonini cellulari, Ogm, fumi, neoticonoidi presenti dentro i prodotti per la concia del mais, stress dovuto a molteplici altre fonti. Si è cominciato a percepire vera la “profezia” (attribuita ad Einstein) secondo cui: “Quando le api spariranno, all’umanità resteranno quattro anni di vita”. La scomparsa delle api può mettere profondamente in crisi non solo la produzione di miele o di fiori o di frutta, ma l’intero già precario equilibrio ecologico e biologico del pianeta.
Non si può continuare a tappar buchi aumentando sempre più la piaga dell’inquinamento. Da qualche parte occorre iniziare per fermarsi e lanciare un segnale positivo. Partiamo da noi stessi…
La battaglia contro la produzione rifiuti e sprechi energetici deve partire dalla casa di ognuno, dalla consapevole e personale azione di ognuno di noi. Non posso far a meno di affermare che se non iniziamo da noi stessi il processo del “ritorno” all’ecologia profonda ed al bioregionalismo non decolla…

Paolo D’Arpini

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