venerdì 18 dicembre 2020

Treia. Vivere senza arrecar danno alla natura...

Nel  costante tentativo di portare avanti la mia pratica ecologista nel luogo in cui attualmente vivo, cioè  a Treia,   ogni giorno compio qualche rito utile all'immersione nel luogo.  

 Ora, con l'approssimarsi dell'inverno,  passeggio sotto le mura a raccatar pigne ed arbusti per il camino, ripulire  i sentieri dalle immondizie (almeno ci provo), raccogliere qualche erba commestibile...    Tutto ciò lo faccio per  vivere in sintonia con il luogo in cui mi trovo. Cercando di apprendere  quel che il luogo può offrire per la  sopravvivenza senza arrecar danno alla natura.

E così cerco, nei limiti del possibile,  di praticare questa arte del vivere naturale,  precisando che i miei veri maestri nel campo del reperimento del cibo quotidiano e dell'immersione nella natura sono stati  i vecchi contadini, prima di Calcata e poi di Treia, dai quali ho appreso alcune verità basilari sulla terra e sull’arte di trarne frutto senza danneggiarla.

Parlando di alimentazione ‘naturale’ vorrei fare l’esempio della cura rivolta alla prole, che si manifesta con l’incoraggiamento alla crescita e non con la coercizione, allo stesso modo poniamoci verso le risorse che madre terra offre.

In termini di approccio ecologico verso le fonti di approvvigionamento alimentare  ciò significa prima di tutto rendersi consapevoli di quello che spontaneamente cresce nel posto in cui si vive.

Un'accurata analisi consente l’immediato utilizzo di cibo integrativo spontaneo per arricchire la dieta corrente, oggi limitata a poche specie coltivate (sia pure in modo biologico). Il passo successivo e quello di sperimentare l’eventuale inserimento nel terreno prescelto di piante coltivate che siano in sintonia o meglio delle stesse famiglie di quelle spontanee.


Questa graduale promozione ovviamente non può essere fatta con l’occhio distaccato di un botanico o di un tecnico agricolo ma va accompagnata da una reale presenza e compartecipazione al luogo, in modo da trarne occasione per un riconoscimento di appartenenza e condivisione (con la vita ivi presente) divenendo in tal modo noi stessi cooperatori della natura e suoi conservatori.

E’ una convergenza, una osmosi, che si viene pian piano a creare fra noi e l’ambiente ed è anche la base della produzione di cibo vero (per uomini veri) che non va però relegata alla sola categoria dei contadini ma vista come la premura di ognuno. E’ un atteggiamento di consapevolezza alimentare.

Infatti il mio consiglio è quello di intraprendere piccole coltivazioni casalinghe ovunque sia possibile, nel giardino dietro casa o sulla terrazza di un condominio, e di approfittare di ogni passeggiata per cogliere delle erbe commestibili, in modo da spezzare la totale dipendenza dal cibo fornito dal mercato, rendendoci così responsabili - sia pure in minima parte - della nostra alimentazione. E’ un aspetto essenziale della cura per la vita quotidiana e della presenza consapevole nel luogo.

Paolo D'Arpini









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