domenica 4 settembre 2022

Passeggiata sull'eredità culturale di Dolores Prato a Treia...

 


Edi Castellani, presidente dell'associazione Artemisia di Treia, è una grande ammiratrice della scrittrice Dolores Prato e già da alcuni anni, sin da quando era assessore alla cultura di una passata amministrazione,  ha svolto iniziative per promuoverne la memoria, fondando anche un piccolo museo a lei dedicato e situato in una stanza sita nel foyer del Teatro Comunale. 

Treia. Centro Studi su Dolore Prato

Anche quest'anno, in occasione del Festival ex-centrico "Giù la piazza..." ha riproposto una recita camminando nei luoghi dove Dolores visse, la performance si è svolta il primo pomeriggio del 4 settembre 2022.

Una commedia, una dolce ma densa di sentimento commedia della vita, rivissuta in movimento per le strade, nelle piazze, negli androni, nelle chiese, nei giardini di Treia. Questa la passeggiata in compagnia di Dolores Prato, una Dolores Prato in veste di  bambina che ricorda  e di adulta narratrice della memoria  che sembrava volere correre davanti a noi, in una continua “ricreazione” della sua vita. Mi son trovato così nel tiepido sole di un pomeriggio settembrino a compiere un viaggio a ritroso nel tempo, a giocare in una recita che pur aveva della realtà tutti gli aspetti, gli odori e le fatiche. 

Edi Castellani con Stefania Monteverde

A dare inizio al percorso  la stessa Edi Castellani,  che si è presentata davanti alle decine e decine  di astanti  in PIazza della Repubblica leggermente trafelata ma  che subito ha assunto la parte dell'anfitrione e ci ha condotti per mano attraverso le  fasi di esistenza vissute a Treia dalla futura scrittrice romana.  A  interpretare  i personaggi narranti  4  attori amatoriali  di Artemisia:  Morena Oro nella parte di Dolores adulta, Ilaria Silvestri come Dolores adolescente, Loredana Ronconi nelle  vesti della signora Rosina e Maurizio Angeletti intonacato nella parte di Don Domè.  

Morena Oro che declama

A rendere vive la scene non soltanto la narrazione didascalica e la rievocazione storica ma anche l’attivarsi quasi spontaneo ed improvviso di salti, scenette e dialoghi. Tutte memorie tratte dal libro “Giù la piazza non c’è nessuno” che restituivano ai luoghi la sembianza di quel che erano nei momenti in cui ci visse la nostra scrittrice.

Su Dolores Prato, tra l’altro, sta puntando molto l’amministrazione di Treia che ha messo in piedi  questo "Giù la piazza Festival" proposto da Marina Peral Sanchez dell'associazione EV e coordinato da Stefania Monteverde, con il patricinio della Regione Marche.  Un progetto sperimentale  sulla  rivalutazione del patrimonio culturale, a cui hanno partecipato diverse associazioni di Treia e dintorni.

Ma tornando alla passeggiata sulla memoria di Dolores Prato,  Edi Castellani, la nostra accompagnatrice,  ha dimostrato di saper condurre il corteo dando spiegazioni appropriate, qui è lì  durante i saliscendi nel paese,   di tanto, tra una recita e l'altra,  ragguagliandoci su alcuni aspetti storici, ambientali ed architettonici e sulle attività in corso a Treia.

Nei giardini di San Michele

Durante la narrazione su  Dolores,  abbiamo appreso che il suo nome  le venne impartito da una madre che la concepì fuori dal matrimonio e che inizialmente nemmeno la volle riconoscere, poi le concesse il suo cognome, Prato, ed infine la affidò a certi suoi lontani  parenti che vivevano a Treia, che le fecero da genitori adottivi, Si trattava di un prete convivente con la sorella zitella. Potete già da questo immaginare che tipo di infanzia e che sensazioni visse Dolores, che non ebbe praticamente alcun rapporto con la vera madre, ed era perfettamente consapevole della sua condizione di “bastarda”.  Dolores disse “io non appartengo a Treia, Treia appartiene a me”, per significare la sua accettazione del luogo  non  corrisposta.   Eppure crebbe, eppure studiò, eppure divenne persino una insegnante ed alla fine della sua vita, quando ormai era tornata a Roma sua città natale, scrisse le sue memorie su Treia  e sulla sua infanzia infelice, come una forma di riscatto dal passato e di recupero amoroso per la città.  

Dolores bambina


Mi sovviene di quel che disse un moderno saggio ai suoi discepoli: “Non aver paura! Esci dalla tua ignoranza protettiva, esci dal tuo ego. Esci dal tuo carattere, esci dalla tua limitata coscienza. Accetta la sfida! All’inizio in te accadrà molta infelicità e sofferenza ma se riuscirai a superare questo inizio, se riuscirai ad essere realmente totale, allora passerà. E quella sofferenza sarà stata simile ad un fuoco che ti avrà purificato di ogni imperfezione, ti avrà reso simile all’oro. Quella sofferenza avrà distrutto ogni impurità che in te non è oro”. Così ho avuto la sensazione di percepire Dolores Prato, purificata, resa nobile nell’aver accettato una esistenza di dure prove che infine l’hanno santificata, l’hanno resa integra.

Son contento che la comunità di Treia abbia voluto prendere Dolores Prato come un esempio di virtù treiese. Ed in verità di questa virtù Treia avrebbe bisogno: il coraggio. Un coraggio di cui tutti oggi necessitiamo, viste le difficoltà dell’esistenza moderna. Ma forse è lo stesso coraggio che dimostrarono gli avi, che non si fermarono mai, pur in mezzo alle difficoltà, nel cercare di dar senso e amore alla propria esistenza, mantenendo la civiltà nel luogo e nella comunità. Che questa civiltà sia stata un fatto reale, concreto, lo abbiamo potuto appurare nelle numerose puntate ai vari monumenti e siti di bellezza ambientale visitati lungo la nostra passeggiata.

Grazie Treia!

Paolo D’Arpini

Maurizio Angeletti, in abito talare, assieme a Paolo D'Arpini (Foto di Liana Maccari)





Alcune notizie su Dolores Prato:
Dolores Prato nasce a Roma il 12 aprile 1892 da Maria Prato e da padre ignoto. Dopo averla lasciata a balia a Sezze, nell'attuale provincia di Latina, la madre (vedova con cinque figli a carico) la affida a due anziani cugini che vivono a Treia, una cittadina in provincia di Macerata, dove Dolores trascorrerà tutta l'infanzia e l'adolescenza, dapprima con gli zii (aiuto parroco del paese e sua sorella nubile) e poi nell'educandato  della Visitazione nel Monastero di Santa Chiara, un collegio di suore di clausura. Le circostanze della nascita (abbandonata dalla madre e con un padre rimasto sconosciuto) hanno probabilmente condizionato la vita della scrittrice, che ha sempre avvertito la sua sorte tormentata come annunciata da un presagio di eccezionalità. Uscita dall'educandato, frequenta a Roma la Facoltà di Magistero, dove si laurea nel 1918 con una tesi su un carteggio inedito di Prospero Viani e Pietro Fanfani. Nel 1919 ottiene l'abilitazione all'insegnamento di letteratura italiana. Insegna in diverse città: Sansepolcro (1919-21), a Macerata (1921-22) e San Ginesio (1922-29). Dal 1927 al 1928 vive a Milano frequentando un avvocato iscritto al Partito Comunista, Domenico Capocaccia. Nel 1930 ritorna  definitivamente a Roma, dove ha modo di frequentare esponenti della cultura laica e cattolica, stringendo numerose amicizie. Insegna per un breve periodo all'Istituto Marymount. Costretta dalla promulgazione delle leggi razziali a lasciare l'insegnamento, vive di collaborazioni ai giornali e di lezioni private, occupandosi per dieci anni di una ragazza con gravi problemi psichici e di salute. (Wikipedia)

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.