giovedì 9 novembre 2017

Treia, il luogo in cui viviamo è la nostra casa...


... il luogo in cui si vive è la casa avita. Infatti è la comunità in cui viviamo  che  si riconosce come propria. Essa è la propria terra, la propria bioregione, la propria famiglia...  

Ma da questa  riflessione desidero trarre alcune considerazioni su alcuni aspetti della  comunità  di Treia: “solo una personalità debole ha bisogno di simulacri in cui identificarsi”, e questo è proprio ciò che avviene da parte di molti che, speranzosi, si rispecchiano  solo  nell’ideale specifico e limitativo  che essi  amano! Tale atteggiamento, spesso, è passivamente e acriticamente imitativo, e può attecchire in uomini di spirito debole con vocazione forte all’identificazione esteriore e che vogliono realizzare un proprio interesse.

E l’interesse comune?

Dal punto di vista della sintesi dovrebbe trovarsi nell'adesione al concetto di "bene comune". A questo proposito mi sovviene ancora una volta l'insegnamento de grande saggio Ramana:

 "Una società è l’organismo; i suoi membri costituenti sono gli arti che svolgono le sue funzioni. Un membro prospera quando è leale nel servizio alla società come un organo ben coordinato funziona nell’organismo.    Mentre sta fedelmente servendo la comunità, in pensieri, parole ed opere, un membro di essa dovrebbe promuoverne la causa presso gli altri membri della comunità, rendendoli coscienti  ed  inducendoli ad essere fedeli alla società, come forma di progresso per quest’ultima.”. 

Nel tempo antico  i governanti si avvalevano della forza lavoro per produrre benessere comunitario, infatti, senza contadini, artisti  ed artigiani non c’era cibo e nessuna ricchezza; dunque, in qualche modo una forma di tutela esisteva per il popolo, perché un castellano senza mano d’opera, indebolito, non sarebbe sopravvissuto all’ingordigia degli avversari. Ma oggi?...

Paolo D’Arpini


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