Dicono che se vuoi sapere qualcosa di un paese, di quel che succede ai suoi abitanti, devi rivolgerti ad un barbiere. I barbieri son come i bardi, i conservatori delle storie popolari, perché ascoltano i segreti dai loro clienti, nell’intimità di una rasatura o di un taglio di capelli. I maschi, come avvenne a Sansone, quando vengono alleggeriti di peli e chiome si sentono più aperti, forse più “gentili”, denudati come sono dell’onor del mento e della criniera che da al volto il suo severo aspetto. Succede perciò che un barbiere (un tempo anche cerusico), compiendo l’opera di “ripulitura”, ascolti in silenzio le confidenze di chi è in vena d’aprirsi, di chi, scoprendosi imberbe come un pargolo, ama raccontare ed ascoltare fiabe e pettegolezzi.
Avvenne così che, in una bella mattina autunnale (prima del Covid), mi ritrovai a chiacchierare con Renzo, uno dei due barbieri residui di Treia, quello che dal 15 febbraio del 1959 lavora nella bottega che fu di Benito Raponi, ovvero il co-fondatore della LuBe assieme a Luciano Sileoni, l’azienda che fabbrica e vende cucine in tutto il mondo, Russia compresa...
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